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Tra la malattia e il malato, senza dubbio mi interessa di più il malato.Claudio Rosini intervista Luigi Cancrini.
21/02/2019
in foto Luigi Cancrinii
Tutta l'intervista.
A 40 anni dall’approvazione della Legge Basaglia che ha rivoluzionato la psichiatria in Italia e non solo, ripercorriamo questi anni con il Prof. Cancrini, testimone e protagonista di quel periodo come del tempo attuale.
Tra l’affermazione di Basaglia “… non possiamo esimerci dal riconoscere che l’unica possibilità di approccio e rapporto terapeutico è tuttora consentita solo a livello del malato mentale libero, quello cioè che sfugge al ricovero coatto, e per il quale il rapporto con lo psichiatra conserva un margine di reciprocità, strettamente correlato al suo potere contrattuale…” (Basaglia, 1968)) e la riflessione di Cancrini “… il disturbo mentale, da Freud in poi, va letto come il risultato di un condizionamento pesante e doloroso, attivo all’esterno e all’interno dell’individuo… il significato più autentico del lavoro psicoterapeutico è dimostrare che le malattie mentali sono costruzioni dotate di senso e sono risposte che l’individuo da alla sua storia difficile e bisogna tentare i curarle attraverso la proposta di alternative possibili” (Cancrini, 1982).
Il colloquio, attraverso il racconto e le riflessioni su questi 40 anni, si sviluppa tra queste due affermazioni che dovrebbero guidare il lavoro di ogni operatore della salute mentale. Tutto questo in un momento in cui la psichiatria pubblica, che combatte con la ormai cronica carenza di personale, è stretta tra una “psichiatria di collocamento” in cui gran parte dell’interesse nei confronti dei pazienti cronici è volto alla loro collocazione, un interesse che non riguarda la terapia ma che mira ad organizzare un nuovo modo di internare (Ferrara, 2018), ed una psichiatria clinica tutta tesa, quasi esclusivamente, al controllo dei sintomi. Si corre, quindi, il rischio di una risposta semplicistica che potrebbe preludere a nuove forme “molli” di istituzionalizzazione.
In conclusione riteniamo che solo la contemporanea difesa della libertà del malato nella relazione e la valorizzazione del lavoro del terapeuta teso alla ricerca delle alternative possibili alla malattia possono creare/ricreare la temperie culturale e politica che ha portato alla rivoluzione basagliana. Solo questo, citando un poeta può creare “una forza, un volo, un sogno, … lo slancio, il desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita…” (Gaber, 1995). -
22/02/2019 | 12:00
Antonio ha scritto:
L'ovvietà di certe scelte . , ci porta a pensare che la vita umana sia la scelta come qualsiasi altra scelta delle nostra esistenza . Durante il giorno sia per chi ha responsabiolità sia per chi rientra in quelle responsabilità , ,ci sono msempre scelte da fare . E , a volte , con rammarico , sia da parte dell'uno che dell'altro si può sbagliare a scegliere m per troppa sicurezza o menefreghismo , che diventa un guaio per chi ha quelle responbilità , alla base delle quali c'è l'uomo stesso : l'essere sano e quello malato , il quale ha predenza in tutto . . .