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  • 25 aprile, la festa della liberazione vista oggi dalle donne.l'ANPI Marsica festeggia la festa della liberazione

    24/04/2020

     

    Associazione Nazionale Partigiani d’Italia

     

     

    Inno d'Italia e Alzabandiera (cantano i Cadetti dell'Accademia Militare)

    https://www.youtube.com/watch?v=GmHXX8ltG6M,

     

     

     L’ANPI Marsica aderisce all’iniziativa dell’ANPI Nazionale che, in ragione della grave emergenza sanitaria in corso, ha invitato il popolo italiano a celebrare il 25 aprile 2020 con manifestazioni pubbliche promosse attraverso le reti telematiche, le piattaforme social ed ogni altro mezzo di comunicazione che possa mantenere alto lo spirito di partecipazione democratica alla Festa di Liberazione,  fondamento per la nostra Costituzione Democratica.

     

    Hanno aderito all’iniziativa:

    On.le Livia Turco,Il sindaco di Scurcola Marsicana Maria Olimpia Morgante,Il sindaco di Collelongo Rosanna Salucci,il sindaco di Luco dei Marsi Marivera De Rosa,La presidente del consiglio comunale di Capistrello Elisa Di Giacomo,la scrittrice.Emma Pomilio,Flavia De Santis,Lia Cherubini,Maria Caterina De Blasis,Marielisa Serena D’Alò,Virginia Buonavolotà,Maria Lucia D’Alò,Manuela Morgante,lorenza Panei

    Il Segretario                                                                          Il Presidente

     

    Augusto Di Bastiano                                                      Giovanni D’Amico

     

     l’intervento di LiviaTurco

     

    On.le Livia Turco

     

    LE  GIOVANI  COMPAGNE

     

    Era il maggio del 1974. In piazza San Carlo a Torino si teneva la chiusura della campagna elettorale del referendum sulla legge sul divorzio con il comizio di Nilde Iotti. Segretario del PCI torinese era Iginio Ariemma, un comunista speciale, dirigente politico ed intellettuale che ci ha lasciato pochi mesi fa dopo una dura malattia consegnandoci un suo ultimo bellissimo libro “ Perché sono stato Comunista”. E’ stata quella la prima occasione in cui ho ascoltato e visto ,seppur da lontano, Nilde Iotti. Avevo 19 anni, da un anno vivevo a Torino, Borgo San Paolo, dopo aver lascato il mio paese Morozzo in provincia di Cuneo in cui la parola comunista o era sconosciuta o era un infamia. Ero stata conquistata dalla proposta del Compromesso Storico di Enrico Berlinguer e dal suo carisma. La molla era la giustizia sociale che avevo imparato dallo splendido esempio di vita di mio padre operaio e dalla lettura dei Vangeli nella parrocchia del mio paese. Quella campagna elettorale fu la scoperta della militanza politica e della passione politica. Segretario della Federazione Giovanile Comunista era Piero Fassino. Indimenticabile quel casa per casa, mercati, scuole, fabbriche, parchi la domenica, anche le chiese ed i comizi in tutte le strade del Borgo con un megafono  che a volte aveva una voce gracchiante ! Piero ci invogliava, ci faceva trottare! Quella sera eravamo stanchi ma molto effervescenti, soprattutto noi giovani eravamo convinti che avremmo vinto perché avevamo sentito una sintonia tra il nostro modo di parlare di famiglia basata sui sentimenti, sulla pari dignità tra donne e uomini, sulla priorità che avevano temi come il lavoro, il salario, i servizi sociali, la sanità pubblica. Andai a quel comizio con una particolare curiosità perché sapevo che Nilde Iotti era una donna molto importante. Avevo letto i suoi articoli su Rinascita, su Donne e Politica riviste preziose del PCI. Anche se non potevamo votare perché il voto a diciotto anni fu una conquista successiva. Quella sera rimasi avvolta dall’eloquio semplice, autorevole, pieno di forza di quella donna bella ed elegante  che parlava di nuova famiglia basata sui sentimenti , dei problemi delle famiglie italiane, che si rivolgeva alle donne  perché fossero protagoniste di un cambiamento della loro vita, della società, che si rivolgeva alla coscienza cattolica ricordando che noi  comunisti volevamo una unità famigliare vera perché basata sulla forza degli affetti e dei sentimenti. Quella sera imparai anche che i comizi del PCI in Piazza San Carlo erano un evento speciale: prima la gara tra le sezioni su chi portava più persone, poi il piacere di incontrarsi, baci ed abbracci, poi l’ascolto in rigoroso silenzio di quella che era per noi militanti una vera lezione , il discorso del dirigente, gli scroscianti applausi  e poi il commento in piazza e successivamente nelle riunioni della sezione del discorso medesimo.

    Nilde Iotti mi conquistò. La seguivo nei suoi discorsi e nei suoi scritti. Quando la vedevo alle tribune dei congressi del partito mi colpiva un particolare . In quei luoghi severi, con poche donne al palco lei, durante la discussione sempre profonda ed infervorata, tirava fuori dal suo borsello lo specchio ed il rossetto che si passava sulle labbra con grande tranquillità ed eleganza. Si, rimanevo colpita da questo gesto che mi appariva molto trasgressivo! Quando fu eletta Presidente della Camera il 20 giugno del 1979 fummo molto orgogliose e felici. Una donna, la nostra Nilde, un'altra personalità del PCI dopo Pietro Ingrao. Non erano anni facili per noi giovani comunisti. La scoperta drammatica del terrorismo rosso, il dovere di difendere lo Stato che noi volevamo anche profondamente cambiare, il sostegno al Governo Andreotti dopo il tragico assassinio di Aldo Moro. Ci volle il carisma di Berlinguer e di Massimo D’Alema per farcelo accettare ma furono soprattutto le grandi conquiste di quell’indimenticabile 1978- legge sul lavoro per i giovani, riforma Basaglia, legge 194, legge 833 sul sistema sanitario-  il frutto di battaglie sociali che venivano da lontano ma che trovarono il loro suggello nel momento del dramma, della unità parlamentare e del dialogo sociale.  Nilde , Presidente della Camera che veniva dalla Assemblea Costituente, varò in quei durissimi anni importanti riforme dei Regolamenti parlamentari per rendere più efficace l’azione del Parlamento. La incontrai personalmente parecchi anni dopo, in quel doloroso 1984 , l’anno della morte di Adriana Seroni, grande dirigente politica, di Enrico Berlinguer e  di una carissima compagna, che aveva la nostra età, Giusi del Mugnaio. Era la Festa Nazionale delle donne comuniste che organizzammo a Torino  insieme a Lalla Trupia, Grazia Labate, la Sezione Femminile nazionale e tutta la mia bella squadra torinese. Una festa bella, colorata, piena di iniziative culturali nuove. L’avevamo costruita con cura per allontanare da noi quel profondo senso di tristezza ed anche di smarrimento, perché sapevamo che le donne nella società erano forti, c’era un onda lunga del femminismo che aveva coinvolto tutte, le operaie della Fiat, le donne cattoliche, le intellettuali. Vennero in tanti: Alessandro Natta, Giorgio Napolitano. Massimo D’Alema, ovviamente Piero Fassino E venne lei Nilde, allora Presidente della Camera, venne per ricordare la figura di Adriana Seroni. Fu prima di tutto un incontro umano bello. Voleva farci sentire la sua vicinanza, ci ascoltava con curiosità , ci incoraggiò ad essere forti e determinate nelle nostre battaglie. Mi resta nel cuore quel sentimento di vicinanza e di incoraggiamento. Smisi di vederla come la dirigente autorevole ma fredda e lontana. Quando fui chiamata da Lalla Trupia a far parte della Sezione Femminile Nazionale del PCI e poi quando divenni responsabile nazionale delle donne comuniste la cercavo sempre per confrontarmi con lei perché avevo colto che lei investiva su di  noi, su quelle che lei chiamava le “giovani compagne”.

    Nella discussione politica interna non sempre mi ritrovavo con le sue posizioni. Io sono sempre stata convintamente vicina alle posizioni di Enrico Berlinguer anche nella sua ultima fase quando parlava di Alternativa Democratica, di centralità della questione morale e quella sua proposta, quel suo investire sui movimenti, sui nuovi soggetti politici come le donne, l’ambientalismo, il pacifismo non erano  condivisi da tutto il partito, anzi erano motivo di discussione. Anche Nilde non era molto d’accordo. Quando Achille Occhetto propose la Svolta della Bolognina nel 1989 per il superamento del PCI , mi furono di aiuto per districarmi nei miei contradditori pensieri e sentimenti l’intervento di  Nilde ed anche di Giglia Tedesco svolti nel Comitato Centrale a favore di quella svolta con argomenti che parlavano della necessità di un nuovo pensiero e di essere coerentemente parte della famiglia del socialismo europeo.

    Con le “giovani compagne” tante, che non posso nominare tutte, decidemmo un’ azione di forte innovazione del partito , della sua cultura politica, partendo dalla convinzione che ci fosse una forza sociale, culturale delle donne che doveva diventare forza politica, e per questo doveva esprimersi con una forte autonomia ed un forte gioco di squadra. Quella che chiamavamo la trasversalità femminile: insieme donne dei partiti, il femminismo, i sindacati, le associazioni. ” Dalle donne la forza delle donne” era la parola d’ordine della Carta delle Donne Comuniste nata in particolare dal dialogo con il femminismo della differenza sessuale. Eravamo nel 1986. Nilde mi sostenne nella riunione della  autorevolissima Direzione del PCI dove le donne erano 4. Ci sostenne in tutte le nostre battaglie : contro la violenza sessuale, per il riequilibrio della rappresentanza,  quando nel 1987 raggiungemmo il 30% di donne elette alla Camera. Da Presidente della Camera ruppe il protocollo e volle essere la prima firmataria della proposta di legge d’iniziativa popolare che avevamo elaborato noi donne comuniste “ Le donne cambiano i tempi” che prevedeva congedi parentali, riduzione dell’orario di lavoro, riorganizzazione dei tempi delle città. Partecipò alla manifestazione di lancio della proposta di legge che tenemmo in piazza del Pantheon a Roma il 9 aprile 1990 facendo un discorso che dimostrava ancora una volta quanto fosse vicina e condividesse la vita quotidiana delle donne ed avesse capito  la sfida culturale  e di trasformazione sociale che quella proposta conteneva. Diventata poi legge nel 2000(Legge 53 dell’8 marzo del 2000)con i Governi dell’Ulivo.  Nel corso degli anni ho portato nel cuore come un dono prezioso lo sguardo materno e complice che Nilde Iotti mi ha trasmesso durante passaggi politici cruciali dandomi sostegno e coraggio. Quando ero Ministra della Solidarietà Sociale dei governi dell’Ulivo, appena entravo nell’Aula di Montecitorio avevo bisogno di incontrare  quello sguardo e lo trovavo ancora più intenso e luminoso degli anni precedenti, seppure stanchi e sofferenti, perché nei suoi occhi brillava l’orgoglio della prima volta della sua sinistra  al Governo del paese. Quanta energia mi trasmetteva lo sguardo di Nilde..  LIVIA TURCO

     

     

     

    Maria Olimpia Morgante Sindaco del Comune di Scurcola Marsicana

     

    La nostra Costituzione fu scritta col sacrificio di grandi uomini e di grandi donne.

    La storia dell'umanità, si sa, è sempre stata scritta e raccontata da uomini, e, le donne anche se protagoniste e fautrici di eventi, fatti, scoperte, spesso messe da parte o raccontate in maniera non proprio calzante con la realtà dei fatti se non apostrofate con aggettivi a dir poco... poco consoni.
    Ma di donne brillanti ce ne sono state tante,donne che hanno saputo reagire allo strapotere maschile con caparbietà e tenacia, emergendo cosi in ogni campo che va dalla didattica alla medicina, alla fisica,all'economia e, da sempre alla politica.
    Tutto ciò è potuto accadere perché queste donne hanno saputo resistere, resistere a questi atteggiamenti,  resistere a chi avrebbe voluto vederle confinate solo dentro quattro mura domestiche e dedicarsi esclusivamente alla cura della casa e della famiglia.
    Hanno saputo resistere a genitori che la maggior parte delle volte negavano loro anche un grado minimo di istruzione.
    Arrivarono così anche  durante quell'oscuro periodo della nostra storia che furono le guerre mondiali, dove i protagonisti furono sicuramente coloro che andarono a combattere corpo a corpo contro il nemico, ma l'esercito vero fu quello delle migliaia di donne che con i mariti in guerra dovettero resistere e cercare di far sopravvivere quel poco che avevano, figli compresi e cercare di preparare loro un futuro migliore!
    La figura delle donne è stata per troppo tempo oscurata e nascosta, ma essa è sempre stata fondamentale per ogni tipo di lotta che portasse benefici sociali.
    La storia che noi oggi siamo in grado di scrivere ci viene tramandata da quelle mamme e da quelle nonne che hanno vissuto questi periodi, che si sono battute per avere diritto al voto, che parlavano di equità e giustizia sociale, che ci hanno sempre detto ed insegnato cosa vuol dire esseri liberi di pensare, di avere una parte, seppur piccola nel tessuto sociale del nostro Paese, di appassionarci alla politica, di non abbassare mai la testa, di batterci per i diritti di tutte!!!
    Le donne di allora hanno fatto grandi sacrifici, anche a volte, rimettendoci la vita, ma ci hanno insegnato a non piegarci mai al volere di chi ci vorrebbe annientate.
    Abbiamo ancora molto da imparare da queste grandi colonne, specie oggi, in questo momento di grande disagio, dove la libertà personale è limitata a causa della pandemia che ci sta colpendo e ci viene chiesto appunto di resistere per cercare di far risorgere ancora una volta la nostra grande Nazione secondo quei principi sanciti dalla nostra Costituzione che qualcuno cerca di svilire e sminuire seminando odio, istigando alla violenza e soprattutto dimostrare di non avere alcun senso civico!
    La nostra Costituzione fu scritta col sacrificio di grandi uomini e di grandi donne , a loro dobbiamo rispetto e riconoscenza, e continuare a difendere il grande patrimonio che ci lasciarono quel 25 aprile 1945 !!!!
    SE EDUCHI UN UOMO, EDUCHI UN UOMO, SE EDUCHI UNA DONNA EDUCHI UNA GENERAZIONE 

     

     

     

    Rosanna Salucci Sindaco di Collelongo

     

    Il 25 aprile 2020 a Collelongo come ogni anno ci saremmo recati alla piazzetta della Libertà, dove nel 1976 fu svelata una targa in ricordo del Tenente Americano “Jim”, ucciso dai tedeschi nel 1944. Avremmo ricordato i nostri compaesani trucidati all’indomani dell’8 settembre 43, nei nove mesi di occupazione tedesca e di bombardamenti. Avremmo commemorato tutti i caduti e i morti civili che combattevano su fronti opposti.

    Avrei sostato con maggiore attenzione davanti la bandiera tricolore che fu donata dai collelonghesi al soldato neo zelandese Jan Mac Lennan , facente parte degli alleati che da Collelongo si dirigevano verso Cassino, dove da lì a poco sarebbe stata scardinata la linea Gustav, gelosamente custodita in Nuova Zelanda per quasi sessant’anni  e poi da lui rinviata a Collelongo nel 2002. Avrei chiamato le scuole, invocato la presenza dei giovani in un giorno speciale e fondamentale nella storia del nostro Paese.
    Anche quest’anno ci sarò, solo con i consiglieri comunali, ma con uno stato d’animo turbato da una nuova guerra che il mondo sta combattendo. Un nemico invisibile, subdolo, che sta facendo vittime, come e più di una guerra.
    Ora come allora paura ed incertezza sul futuro.
    Ora come allora fragili e indifesi di fronte al nemico.
    Ora come allora desiderosi di libertà, serenità, pace.
    Arriveranno gli alleati a liberarci, soldati in camice bianco con armi diverse, da ogni parte del mondo. Ci doneranno la cura verso questo nuovo nemico.
    Torneremo alla normalità tanto agognata, un nuovo 25 aprile. Finalmente liberi!
    Viva L’Italia!
    Collelongo, 21 aprile 2020                                                                                               Il Sindaco
                                                                                                                                     Rosanna Salucci
     
     
     
    Marivera De Rosa Sindaco di Luco dei Marsi
     
    Le donne, custodi di quella sapienza antica delle grandi e delle piccole cose

    Il 25 Aprile, con gli occhi delle donne e in questo momento storico così inedito, e per tanti tratti così oscuro e carico di inquietudini e incognite, non posso che celebrarlo, assieme all'emozione e alla gratitudine di sempre, con la consapevolezza, che questo tempo non fa altro che rafforzare, che ogni donna reca in sé la forza creatrice e creativa in grado di alzare lo sguardo oltre la linea della tragedia, dell'ingiustizia, anche della lotta fatale ma necessaria, e vedervi non un confine finito, ma un orizzonte, denso delle infinite possibilità di un presente nuovo e rigenerato, che da quella lotta, da quella resistenza, potrà discendere.
    Desta stupore, in questo nostro attuale attraversare gli eventi e, ognuno nel proprio ruolo, fronteggiarli, scoprire ogni volta e una volta di più la centralità sostanziale delle donne, custodi di quella sapienza antica delle grandi e delle piccole cose, della riorganizzazione, di quella capacità perenne della ricostruzione personale, sociale e simbolica spesso espressa dietro le quinte ma, in modo inequivocabile, essenziale.
    É stato in ogni tempo, è stato nella Resistenza all'orrore di regimi bestiali che hanno annullato l'umanità, fisicamente, e tanto diffusamente l'Umanità, “la capacità di essere l'altro” con tutto quanto di buono, sano, vi era in ognuno, nella lotta al fascismo.
    Per lungo tempo il ruolo delle donne nel movimento di liberazione nazionale non ha avuto piena giustizia, per pregiudizi di genere duri a morire in ogni contesto, ma le donne che hanno fatto la Resistenza, in migliaia, pagando con le torture e la vita in tanti casi, nelle diverse Brigate e nei Gruppi di difesa della Donna, le donne della Costituente, le donne che nel silenzio della clandestinità hanno lottato e vinto per la libertà e la democrazia, resteranno per sempre nella nostra memoria e nella nostra storia a significare quello che hanno rappresentato e a indicarci la via: fiamme nella notte, potenti e connesse a ogni donna che resiste, in ogni luogo e in ogni tempo.
    Loro hanno lottato per la libertà e la democrazia, e vorrei poter dire: “Per il Paese che siamo”. Ma devo invece dire: “Per il Paese che a tratti siamo stati e siamo, e che potremmo essere”. E a questo siamo chiamate noi, ognuna con la propria storia, i propri strumenti e nel proprio ambito.
    Oggi resistiamo nelle nostre quotidianità trepidanti e incerte, a fronte di una pandemia, pronte a reinventare un mondo nuovo, in ogni nostro piccolo angolo di terra. Resistiamo, in ogni angolo del pianeta, ai soprusi, ai fascismi di ogni tipo, alle violenze di sistemi aberranti. Resistiamo all'oscurantismo ovunque rimontante, ai populismi, alla strumentalizzazione di masse, idee, pensieri e cuori, attraverso vecchi e nuovi strumenti.
    Sentiamoci chiamate a questa cruciale resistenza di oggi, figlie e nipoti di quelle donne che hanno fatto la Resistenza e sorelle delle resistenti di tutto il mondo: sentiamoci chiamate a esserci quando è il momento di esserci, con ogni mezzo e ogni energia a nostra disposizione; chiamate alla trasmissione ai nostri figli di uno sguardo più attento, più chiaro, sulla storia e sulla cronaca, perché non debbano riscriversi, un giorno, pagine nefande. Sentiamoci chiamate a sollevare lo sguardo all'orizzonte possibile, non a soccombere, in un impegno civile e politico reale, a difesa delle conquiste che abbiamo ricevuto in dono: pagate a caro prezzo, non scontate, e mai definitive.
     
     

     

    Elisa Di Giacomo. presidente consiglio comunale Capistrello

     

     

     Il 25 aprile è una datafondamentale per la nostra nazione,in quanto rappresenta la Liberazione dall’occupazione tedesca e dal governo della Repubblica sociale italiana; è l’emblema della difesa della dignità dell’uomo dal totalitarismo.
    Nel contempo,questa data,rappresental’inizio di un lungo processo di trasformazione politico – sociale che ha portato all’affermazione dei principi fondamentali sui quali oggi è basata la nostra democrazia; processo di           trasformazione che consentedi inserire     l'Italia nelle moderne democrazie fondate sul riconoscimento della libertà della persona in tutte le suemanifestazioni.
    Principi fondamentali che oggi potrebbero risultare un dato scontato della nostra vita, ma che in realtà sono l’espressione di una conquista sociale, sono il frutto di sacrificio umano, pagato con la morte di uomini e donne. Di quelle donne che, durante la Resistenza, non hanno esitato ad imbracciare le armi unendosi alla lotta contro gli oppressori; una lotta fatta anche di gesti non meno eclatanti, come le staffette, la cura dei feriti, la raccolta di cibo, di armi e di vestiti.
    La Resistenza portò anche ad un percorso diemancipazione femminile,la cui massima espressione fu l’estensione del diritto di voto alle donne e l’ingresso delle stesse nelle istituzioni ed inpolitica.
    La donna di oggi deve ringraziare la donna di ieri perciò che è,per idiritti di cui gode e, in particolar modo, per la possibilità di rappresentare le istituzioni.
    Tuttavia, oggi, come allora, le donne - nella loro essenza e nel loro divenire - continuano la loro Resistenza per tutelare i propri diritti, vedendosi costrette, in alcuni casi, anche a reagire e ribellarsi contro le violenze di genere.
    Pertanto, il 25 aprile, per una donna è l’espressione di un sentimento vivo di gratitudine, di appartenenza e di condivisione.
    E’ doveroso commemorare la Liberazione, in ricordo del grande rilievo morale e politico della lotta partigiana, e per trasmettere alle generazioni future i valori della Resistenza, della democrazia e della Libertà, affinché non si ripeta quanto accaduto in un passato non troppo lontano.
     

     

     

     Serena D'Arbela scrittrice

     

    IL FASCINO DURATURO  DELLA RESISTENZA 

     

    Non appartengo alla generazione delle figlie e delle nipoti ma a quella che ha vissuto gli anni del fascismo essendo troppo giovane per riuscire a partecipare alla Resistenza.                                                                              Quel giorno, il 28 aprile 1945,  a Venezia  l’ immagine del motoscafo del Comitato di liberazione che  passava sotto il nostro balcone  sul Canalgrande con degli uomini che salutavano col  pugno chiuso,  fu come un messaggio emblematico  serio, entusiasmante.” Sono comunisti –aveva commentato la mamma esitando.                                                                                     

     La mia gemella  Valeria ed io quattordicenni non eravamo riuscite ad avere un ruolo nella lotta antifascista. Al liceo Foscarini (eravamo in 5° ginnasio) mancarono contatti concreti che forse  ci avrebbero permesso di fare piccole cose.  Eravamo in seno a una famiglia di genitori  intelligenti,ma dall’educazione severa ed anche la scuola era rigida.                                                     

     Dal  nostro palazzo però avevamo sempre guardato oltre il nostro benessere borghese , spinte dalla lettura dei libri,dalla visione dell’arte nelle mostre e nei musei. Esploravamo le calli,i sestieri più lontani ,Castello, Cannaregio, con le osterie,le case popolari,il ghetto,la Marittima con le navi.

    La presenza dei poveri anche poco più in là della nostra casa ci colpiva. L’ingiustizia  della loro condizione non trovava risposta neppure nel pietismo della chiesa, che pure aveva focalizzato il dramma della povertà con immagini semplici, come la grotta di Betlemme.                                                                                                   

    Uscivamo dalla cappa di piombo della guerra che ci minacciava  dai cieli, con gli aerei che passavano sopra le nostre teste,  con l’occupazione tedesca del 1943 e ‘44 e le brigate nere del regime di Salò che facevano retate in piazza e nei cinema.  

     Mia madre ci aveva raccontato tutto quello che si poteva raccontare su Mussolini,le squadracce fasciste,il regime e noi stesse benché ragazzine potevamo constatare cos’era quella dittatura, con un unico testo scolastico che  aveva precipitato il Paese in una guerra disastrosa. Tutto questo fu una preparazione al poi .                             Con la Liberazione oltre al sollievo per essere uscite dall’incubo bellico provammo un immenso indescrivibile  senso di disponibilità e apertura, una libertà che si riversava anche nella nostra vita e ci spingeva alla  conoscenza e alla verifica a 300 gradi. Ci sentivamo in debito verso la Resistenza,verso i compagni caduti,verso  la società, sentivamo di aver perduto un’occasione. Perciò abbracciammo le idee per una umanità  nuova e giusta che erano il fulcro dell’antifascismo.

     Per continuare.                                                                      

     Eravamo sempre state attratte da quel mondo lontano dalla nostra classe borghese  ( la plebe negli inni).Ci aveva sempre indignato  la disuguaglianza.                                                                

    Leggemmo il manifesto di Marx in un riassunto di Cafiero. Le informazioni politiche storiche e di attualità si legavano  ai numerosi libri della nostra biblioteca. Ed anche ai nostri andirivieni per i sestieri popolari della città, che erano come una ricerca sociologica sul campo.  Incontrammo gli intellettuali e artisti dell’Arco organizzazione culturale antifascista d’avanguardia del dopoguerra che fu fondamentale per le nostre idee. Ci illuminò col fascino di Guernica riprodotto ed esposto. con  le poesie di Essenin e Majakovski e di Garcia Lorca, che il fascismo aveva occultato, con  l’esistenzialismo di Sartre che poneva nuovi imperativi etici.                                                                                               

      L’iscrizione al Fronte della gioventù a Firenze, nel 47 fu una  scelta di autonomia e di ribellione. Andammo alla festa dell’Unità alle Cascine con le bandiere rosse ,simbolo del nuovo fervore.                                                         I valori dell’antifascismo e della Resistenza furono come un faro per noi. Finito il liceo Valeria si dedicò  alla pittura e preso il diploma magistrale fece una scelta esistenziale coerente,  trovò lavoro come maestra elementare  a Pellestrina, isola di pescatori dove insegnò e dipinse. Io mi iscrissi alla facoltà di  Scienze Politiche a Padova. Nel 50 entrammo nella  federazione giovanile comunista  e  nel partito. La stagione della Fgci significò  l’incontro con i problemi del territorio il Delta padano,le fabbriche di porto Marghera, fu importante. I Festival della gioventù di Berlino e di Bucarest ci entusiasmarono con i loro bagliori  creativi e condivisivi  le loro proposte  di amicizia giovanile internazionale.                                                                   

     Era un modo di recuperare le occasioni perdute e continuare il percorso per il rinnovamento della società  per il quale tanti uomini e donne giovani e vecchi avevano dato generosamente la vita.                                     

    E ora ?

    Sono passati più di 70 anni.   Sono quasi novantenne.   Mi guardo indietro. Sono state enormi  le delusioni politiche ma tante sono state anche  le lotte e le forze positive della base, i sacrifici le speranze  popolari. Io  continuo a sentirmi Resistente.

    serena d’arbela

     

     

    Emma Pomilia ....Scrittrice

     

     La donna cardine della famiglia e della società.

     

     Sono una scrittrice di romanzi storici sulla Roma antica. La mia esperienza sul campo mi dice che l’opera delle donne è stata in quei tempi, come sempre nella storia dell’umanità, misconosciuta e nascosta. Le donne erano colonne portanti della società, erano custodi dei valori della romanità e a quei valori educavano i figli. Pur confinate nell’ambito della famiglia, hanno apportato ricchezza e novità, amministrato patrimoni, creato attività produttive. Ma gli storici erano misogini e hanno sempre cercato di sminuirne il valore e, se si sono fatte notare, di presentarne un’immagine distorta, di solito molto negativa.
     Per questo se mi chiedono di parlare di donne io sono subito pronta, per contribuire alla memoria, perché so che ad un cambiamento politico sarà facilissimo per qualcuno interessato dare un colpo di spugna e riportare le donne a cento anni prima. La storia insegna che ciò è accaduto molte volte. In quel caso delle partigiane non rimarrà nulla. Dunque è bene parlarne, perché le donne stesse prendano profonda consapevolezza, e sull’esempio delle ave, saranno loro a mantenere vivo il ricordo delle nonne, delle madri, delle donne che le hanno precedute.
     Per chi ha un occhio attento, al di là dell’obsoleto stereotipo della donna debole e fragile, basta una veloce carrellata nei secoli per rendersi colto che la donna è stata sempre il cardine della famiglia e della società. E’ stata lei a dare inizio all’agricoltura e dunque alla vita stanziale favorevole al progresso. Anche in tempi a noi più vicini, tra Ottocento e novecento, con la nostra economia italiana ancora agricolo pastorale, era sempre la donna la forza portante della famiglia. Pur allevando molti figli, lavorava lei stessa nei campi, anche quando era vicina al parto. E mentre gli uomini, finito il lavoro, passavano il tempo all’osteria, le donne si occupavano della casa, dei figli, degli anziani e delle provviste per affrontare i duri inverni. Ed erano sempre loro a conoscere le proprietà medicinali delle erbe, cosa che poi trasmettevano alle figlie. Di conseguenza il modello introiettato dalle giovani generazioni era quello di una donna forte, capace di affrontare fatica, dolore e sofferenza, sempre prendendosi cura degli altri. Particolarmente prezioso è stato tale esempio delle madri e delle nonne nei periodi di guerra, in cui le donne hanno curato con abnegazione i feriti, ed è durante la Seconda Guerra Mondiale che l’altruismo delle donne ha raggiunto livelli tali da sfiorare l’eroismo. Le ragazze e le mogli diventavano vivandiere e portaordini per i propri mariti e fratelli nascosti in montagna come partigiani. Sapevano benissimo di rischiare la vita, ma non per questo rinunciavano alla loro missione per il bene della patria. Poi, avendo accettato il rischio di ospitare inglesi e americani feriti, sono riuscite a creare preziosi collegamenti tra i partigiani e le forze alleate.
     Queste donne collaboravano alla liberazione del proprio paese, convinte di dover assumere un ruolo attivo e costruttivo nella nuova società che si andava formando. Una società di liberi ed eguali, i cui nessuno sarebbe stato perseguitato per le sue idee o per la religione. Ed è proprio per tale principio che hanno nascosto degli ebrei, anche a costo di togliersi il cibo di bocca, vedendo in loro l’Uomo, con tutti i suoi sacrosanti diritti. Ora le figlie e le nipoti di queste donne hanno raggiunto un eccellente livello di istruzione e di partecipazione alla vita politica, è da loro che si aspetta un decisivo contributo per la difesa della libertà e per risolvere i quasi insolubili problemi portati dalla globalizzazione e dal coronavirus.

     

    Flavia De Santis

     

    LA RESISTENZA DELLE DONNE 

     

    “Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società… Per la componente femminile del genere umano è giunto il tempo di assumere un ruolo determinante nella gestione del pianeta. Le donne possono dare un forte contributo in questo momento critico” (Rita levi Montalcini”

    “ Il genio femminile nasce da un’individualità che supera di continuo se stessa, ma restando capace di condividere la propria esperienza con gli altri” (Julia Kristeva)

    Bisogna partire da queste affermazioni di due grandi donne contemporanee per radicare in noi stesse la consapevolezza delle nostre capacità e possibilità.

    Nel genio femminile si esprime sempre un sentimento del sociale , da rinnovarsi continuamente e il pensiero per le donne è indissociabile dall’esperienza con gli altri. Per questo la vera libertà, per le donne, nasce nel cominciare e ricominciare sempre e, tramite la maternità, creano nuove relazioni ponendo i presupposti di una condizione di libertà che certamente non considera la stessa ( la maternità) come un aspetto della sottomissione al potere maschile.

    Questo bisogno di rinnovarsi continuamente per non diventare schiavi delle abitudini ha portato le donne a percorrere le strade della libertà specie nel secolo scorso e ha portato enormi cambiamenti: l’uso degli anticoncezionali, la denuncia contro l’infibulazione delle donne africane, la parità tra uomini e donne sancito dall’art. 3 della Costituzione, il diritto di voto, l’articolo 37 della Costituzione per la parità normativa e e retributiva fra lavoratori e lavoratrici, la legge per l’astensione obbligatoria per gravidanza, la legge 194 sull’aborto,  e quella sui congedi parentali del 2000.

    Tutto questo non è nato per caso , ma grazie all’impegno e alla voglia di libertà delle donne sfociata nei primi anni del ‘900 nel movimento femminista, nei primi scioperi, nelle  prime iscrizioni alle Università e, con l’avvento del fascismo, nell’azione clandestina contro la dittatura, con il notevole contributo alla resistenza e alla lotta partigiana.

    Oggi viviamo in un momento storico molto delicato, un momento difficile per la salute, per l’economia e per la tutela dell’ambiente. In questo contesto è aumentata la violenza sulle donne ( nonostante la modifica nel codice penale del crimine), gli impieghi per le donne sono spesso precari e part-time, e se la condizione femminile a livello globale  è migliorata, ciò che emerge in maniera preoccupante è la crescita di una violenza che, ancora una volta, per motivi sociali, religiosi e di disagio, sceglie il corpo della donne quale territorio per la battaglia.

    Questo fa capire quanto ancora ci sia da fare e che il cammino verso l’uguaglianza di genere non è terminato  e che non va inteso come il perseguimento  di un obiettivo tecnocratico , bensì come un processo politico che richiede un nuovo modo di pensare, in cui gli stereotipi maschili e femminili lascino il posto ad una nuova filosofia che contempli tutte le persone come fautrici del proprio destino. 

    Per questo voglio finire questo breve intervento con un concetto semplicissimo che equivale ad un comandamento : Io mi considero libera solo se riesco a guardare all’altro da me come ad un equivalente di me stessa, equivalente nel diritto ad una diversità dalla quale occorre lasciarsi compenetrare. Solo così gli individui diventano davvero persone.

     

     

     

    Lia Cherubini

     

    Un 25 Aprile per le donne

     

    Carissimi, vi ringrazio per l'iniziativa che state promuovendo, dobbiamo rimanere sempre connessi con la nostra storia se vogliamo davvero trarne insegnamenti anche in un momento così difficile. Io non ho scritto volutamente articoli, ho voluto seguire un attimo il mio bisogno di esternare uno stato d'animo di fronte al male che sta combattendo una donna coraggiosa, la mia mamma,  Scolastica, che ha imparato ed insegnato a noi il concetto di RESILIENZA. Sono parole scritte di getto, non rilette. Sicuramente lo troverete fuori tema e non mi dispiacerà se non verrà utilizzato. Fatemi solo sapere qualcosa in ogni caso. 

    Buon lavoro.  Lia Cherubini
     
    RESILENZA 
     
    ... La guardo e mi commuovo... nei suoi occhi vi è tutta la sua storia... il dolce sorriso ormai stampato sul suo
    volto segnato parla di lei, della sua speciale forza nella dolcezza.
    La guardo e la trovo forte davvero: nonostante tutto, lei non si arrende, lei, ancor prima di noi ha
    compreso il concetto di resilienza. Lei combatte ora come allora, e le sue debolezze, la sua malattia, le sue
    limitazioni di oggi, sono vissute come momenti di transizione, diventano speranza per il domani. Lei ne è
    convinta: ce la farà...
    Oggi tutti noi ci ritroviamo ad affermare dieci, cento, mille volte al giorno “ce la faremo”.
    Lei più di noi ci crede: ce la farò, ce la faremo.
    Il mio pensiero per un attimo si perde (ma non posso piangere di fronte a tanta forza), lo riprendo, lo
    ripercorro all’indietro, nel tempo che fu: ecco, la rivedo fiera e coraggiosa. Lei donna dalle mille fatiche,
    senza mai perdersi, nemmeno quando il suo compagno, nostro padre, perse irrimediabilmente la sua
    battaglia per la vita e la lasciò, suo malgrado, vedova a 57 anni ,sola con i suoi sei figli *.
    Lei, fiera dei suoi sei figli, lo è ancora, lo dice ancora, lo dice a tutti... coraggiosa... si, ci vuole coraggio e
    fierezza per infondere i migliori insegnamenti ai propri figli, per costruire una famiglia forte, unita,
    impegnata, pronta a mettersi in gioco con umiltà e senso di responsabilità, una famiglia come comunità.
    Le donne della Resistenza sono così.
    La guardo e mi commuovo... oggi lei, ora bambina, nel suo letto, ha tutta la sua famiglia intorno, ed insieme
    si vive e si ride, sereni per dare serenità... si gioca per riprendersi la vita, si racconta per far riemergere
    memorie della vita vissuta e delle lotte combattute... per riafferrare la memoria delle memorie perdute.
    E quando, stanca, i suoi occhi sembrano velarsi, le chiediamo di cantare, la canzone più bella della sua vita.
    E allora la memoria prepotente torna e ricorda ... i partigiani, la vita, i sogni, l’ideale... già, allora le idee
    erano ideali e ... ricorda la liberazione.
    ... “ una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor” lei canta, ed in quel canto è racchiusa tutta la sua
    storia e con essa tutta la sua forza. Quella forza che oggi le consente di combattere la sua ultima guerra,
    contro l’invasore, il suo invasore: quel tarlo che da tempo si insinua nella sua mente.
    Canta lei, canta aerai”, canta mamma, nuove albe sorgeranno!
    Ora e sempre Resistenza.ncora, combatte la sua guerra e la porta della memoria è ormai aperta, canta di libertà, di
    donne forti senza paura, di altre lotte di civiltà.
    ... “sebben che siamo donne paura non abbiamo” e le sue paure d’incanto svaniscono... i suoi occhi tornano
    a brillare e anche le nostre paure ormai non ci fanno più paura. Si, la forza delle donne è qui, in questo
    letto, e “per amor dei nostri figli” ... e con orgoglio canta e combatte ancora.
    Lei canta, ed ora la sua memoria urla la sua vita, la voce diventa più forte ... “avanti popolo”,
    Si, mamma, AVANTI, oggi più che mai ne abbiamo bisogno....
    “all’alba se ne vanno gli operai”, canta mamma, nuove albe sorgeranno!
    Ora e sempre Resistenza.
     
     
     

     Un 25 aprile per le donne…di Maria Caterina De Blasis

     

    Qualcuno ha detto che il Covid-19 qualcosa di buono lo ha portato: ha annullato qualsiasi manifestazione dedicata al 25 aprile e alla “Festa della Liberazione”. A quel qualcuno, però, rispondiamo che la sua speranza è disattesa. Il 25 aprile, infatti, non ha necessariamente bisogno di piazze e cortei.
    Quest’anno per commemorare la Resistenza e la liberazione dall’occupazione nazi-fascista basteranno le nostre parole, i nostri pensieri e ricordi. Internet sarà la nostra piazza, i post condivisi i nostri cortei.
    Ringrazio quindi l’ANPI Marsica che, per questa “Festa della Liberazione” di quarantena e resistenza al coronavirus, ha deciso di dare la parola alle donne.
     
    È allora a tutte le donne che anche io voglio dedicare questo particolare 25 aprile:
     
    Alle donne che lavorano negli ospedali e che, una volta tornate a casa, hanno paura di abbracciare e contagiare i loro cari.
    Alle donne che lavorano nei supermercati e spesso si trovano ad assistere alle isterie di chi teme di rimanere senza cibo.
    Alle donne che il cibo non lo hanno davvero e provano a sfidare mari agitati e uomini carcerieri per trovarlo altrove.
    Alle donne che lavorano in smart working e che, stando a casa, hanno visto triplicato il loro carico mentale.
    Alle donne che cercano lavoro e che sono ancora discriminate, sottopagate e sottovalutate.
    Alle donne che perdono il sonno perché preoccupate per i propri figli.
    Alle donne che vorrebbero averne di figli e soffrono perché non possono diventare madri.
    Alle donne che credono non sia una vergogna non saper cucinare né stirare.
    Alle donne che sanno far profumare le loro case di pane fresco.
    Alle nonne, donne di ieri, alle quali non sapremo mai dire quanto davvero contano per le donne di oggi.
    Alle bambine, donne di domani, perché crescano con la consapevolezza che è vitale credere nelle proprie possibilità e non negli stereotipi: possono danzare o insegnare se lo desiderano, ma possono anche diventare astronaute o matematiche se lo vogliono.
    Alle donne sicure di sé che non si curano di pregiudizi e non hanno preconcetti, ma vivono liberamente le proprie passioni e i propri sentimenti.
    Alle donne coraggiose che hanno saputo denunciare un sopruso.
    Alle donne che hanno paura, con la speranza che la loro voce, seppure flebile, non resti inascoltata.
    A Silvia Romano perché si faccia luce sul suo rapimento e possa finalmente tornare a casa.
    A Paola Regeni perché trovi presto la verità e la giustizia che invoca per suo figlio Giulio.
    Alle donne che 75 anni fa hanno protetto e sfamato chi bussava alle loro porte in cerca di salvezza e sicurezza.
    Alle donne che 75 anni dopo non voltano la testa di fronte alle mani tese in cerca di aiuto e accoglienza.
    Alle donne che 75 anni fa hanno contribuito a liberare l’Italia da un regime dittatoriale e violento.
    Alle donne che 75 anni dopo contribuiscono a creare un’Italia e un’Europa giusta, equa, democratica e solidale.

     

    A tutte le donne… E a tutti gli uomini. Perché oggi, come 75 anni fa, si resiste e ci si libera uniti!
     
     

     Marielisa Serone D’Alò........Presenza Femminsta

     
    "Usiamo questo tempo per ripensare un futuro più eguale per tutti. Senza la cultura dello scarto che ci ha attanagliato in questi anni".
     
    Questo anno di Festa della Librazione, oltre ad essere l’anno del grande contagio è anche l’anno del Centenario dalla nascita di Nilde Iotti: insegnante, dirigente di partito, esemplare donna prima della Resistenza nei "Gruppi di difesa della donna" contro i nazifascisti e poi delle istituzioni - prima ad essere nominata Presidente della Camera dei deputati.
    È anche l’anno delle parole di Papa Francesco che con forza ricordano la dedizione indefessa delle donne e il servizio che molte di noi prestano, in tanti ambiti del presente – così come i rischi gravi a cui sono sottoposte «per una convivenza di cui portano spesso un peso troppo grande», per poi sollecitare a usare questo tempo che stiamo vivendo per ripensare un futuro più eguale per tutti e tutte «senza la cultura dello scarto che ci ha attanagliato in questi anni».
     
    È allora a questo che voglio rivolgere il mio pensiero oggi, alle differenze che moltiplicano invece che dividere, alla necessità di non tornare indietro in quel mondo che fino a qualche settimana fa vedeva come scontato e vincente il linguaggio verticale, performativo, oppressivo che produce appunto scarto, prevaricazione e risentimento. Per prendere posizione, parteggiare – oggi più che mai - obiettando alla continua ripresa del linguaggio marziale, che evoca in continuazione quelle politiche dell’inimicizia e quell’analogia con la guerra che rischiano di sostanziare sempre di più un senso di conflitto permanente, caratterizzando il modo in cui pensiamo e quindi agiamo sia individualmente che collettivamente.
     
    Oggi ricordiamo insieme la Liberazione, che non può più essere solo “libertà da” ma significare finalmente e anche “liberazione per”.
    Il fascismo, il razzismo, il sessismo, il patriarcato, l’omotransbifobia sono tutte declinazioni della stessa dinamica oppressiva. Dobbiamo provare a pensare un nuovo paradigma, trasversale e intersezionale, fatto di relazioni significative, di porosità vicendevole e cura del possibile. Perché inchinarsi all’altro e all’altra possa diventare sempre più un gesto di ascolto vero e di ri-conoscimento.
    Non esistono le priorità, esistono le storie vere, i racconti e le testimonianze di vita vissuta: perché l’emergenza si rifletta nella cura e nella solidarietà, proviamo allora insieme a dirci umani e vulnerabili senza che questo generi sconforto e mortificazione.
     
    Che l’accesso ai diritti fondamentali, umani civili e sociali, sia collettivo e non paralizzante, per una donna che vuole interrompere una gravidanza, per una persona anziana che vuole rivendicare la propria fragilità e libertà “in opposizione alle ipotesi di discriminazione basata sull’età”, per tutte le persone affette da fragilità mentale, per le lavoratrici e i lavoratori, per i bambini e le bambine che hanno bisogno della giusta istruzione, oltre che della tutela della propria salute e per il futuro di tutti e tutte.
     
    Buona Festa della Liberazione.
     
    Marielisa Serone D’Alò    Presenza Femminsta
     
     
     
      Virginia Buonavolontà 
     
       La consegna della luce

    Ci sono cose che non possono essere raccontate senza averle prima vissute e poi ci sono cose
    che devono essere raccontate pur senza averle vissute.
    Raccontare la Resistenza per chi come me è nata nel 1964 significa raccontarla come le
    è stata consegnata, nel privato delle nostre case e dalla bocca dei nostri nonni, nel mio caso
    raccolta dalla testimonianza di mia nonna Chiara. Lei l’aveva vissuta davvero la sua
    personale resistenza. Figlia di un fornaio, aveva avuto il privilegio di frequentare l’Università
    degli Studi di Napoli e insieme al privilegio dello studio aveva assistito all’orrore della
    deportazione di alcune delle sue compagne di studi. Le famiglie ebree erano poche, nel suo
    paese d’origine, e quelle più solerti riuscirono ad organizzare il loro trasferimento in America.
    Non tutti riuscirono a fuggire, alcuni tra gli uomini, dopo aver imbarcato moglie e figli,
    rimasero in Italia con il proposito di un futuro ricongiungimento. Quando la caccia ebbe inizio
    bisognò scegliere da che parte stare e lei scelse di restare accanto al padre, che durante il
    giorno nascondeva i pochi ebrei rimasti in paese dentro il forno del panificio, nascosti dalle
    fascine di legna. I fascisti lo portarono via due volte, lo percossero fino allo sfinimento senza
    mai fargli del male alle mani, che dovevano servire per la panificazione. In quel modo scoprì
    la nudità maschile, una nudità fatta di dolore e vergogna. Lei per due volte, insieme con la
    madre, curò le ferite di suo padre, senza mai chiedergli nulla, senza una parola, perché solo
    nel silenzio poteva aver luogo quella intimità non altrimenti consentita.
    La nonna le parole le avrebbe utilizzate eccome, la nostra infanzia e la nostra
    adolescenza si sono consumate nella certezza che la Resistenza è luce, è un valore universale
    indiscutibile, è la memoria di ciò che è accaduto e che ci è stato impresso a tal punto da non
    consentire alla nostra mente di indulgere nel tentativo di inventarci una storia diversa. Solo la
    memoria, quella vera, non cede alla tentazione di reinventare la realtà. A noi non resta che
    essere i guardiani di quella luce, darla in consegna ai nostri figli perché il buio non li
    confonda e perché essi, lontani anagraficamente dalle fonti, ci ritengano credibili al punto tale
    da accettare il fardello e la consegna, perché si compia quell’assunzione di responsabilità e
    diventi vigilanza, partecipazione e intransigenza verso qualsiasi tentativo di raccontare
    diversamente la Storia.

    Virginia Buonavolontà

     

     

     mi ricordo.....Maria Lucia D'Alò

     

    Mi ricordo da sempre la presenza di un cane a casa mia, il suo nome era Vinco, ero bambina ricordo che mi spingeva il girello rosa, da piccola e che una volta fatta più grande mi accompagnava all’autobus per andare ad Avezzano a scuola, e sapeva l’ora nella quale ‘tornavo’ e veniva prendermi.
    Tutti amavano Vinco, aveva coccole e attenzioni, mentre mio padre Quirino con lui era scostante, eppure lo aveva portato lui a casa.
    Dopo, molto dopo, quando mi ha raccontato la sua storia militar,e ho capito: mentre papà, passatitanti anni in guerra, tornava con una bicicletta dalla Jugoslavia – forse a Trieste, forse dopo si rese conto di essere seguito da un cane pastore abbastanza grande, che piano piano, dividendo un poco di cibo e la strada arrivò con lui fino a Luco, fino al suo ritorno a casa.
    Questo ho capito, quando sono stata ‘grande’: Vinco – che aveva chiamato così da ‘vincere’ - gli ricordava il travaglio non solo come uomo, cittadino, ma anche come persona che aveva vissuto sulla sua pelle tutte quelle circostanze, spesso difficili, spesso luttuose in Jugoslavia, di Tito, della Liberazione, e allora ho capito perché con lui era scostante: se lo guardava, lui ricordava.
    Quando morì il grosso cagnone venuto da chissà dove, però, fu proprio papà a prenderlo in braccio e a portarlo in un boschetto ai bordi del paese per seppellirlo sotto ad un rovo di rose.
     
    Io oggi quindi ricordo Vinco e ancor di più mio Padre – che mi piace oggi sia anche ricordato come Partigiano italiano  in   Jugoslavia  qui

     
    Evviva l’Italia!
    Evviva la Festa della Liberazione! Maria
     

     

    Manuela Morgante

     
    La libertà come partecipazione delle donne all’organizzazione economica del paese
     
    Art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso], di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
     
    La libertà delle donne non può prescindere dalla loro presenza nell’organizzazione economica del paese e dal riconoscimento del valore della loro partecipazione al lavoro. Declinare le pari opportunità nel lavoro solo nelle possibilità di accesso, nei livelli e tassi di partecipazione ed occupazione è sicuramente riduttivo, è necessario porre l’attenzione sui tipi di occupazione, sulla remunerazione, sulle possibilità di carriera, sui livelli e riconoscimenti raggiunti dalle donne.
    Nonostante ci siano stati miglioramenti sostanziali in alcuni settori in altri sembra di aver fatto dei passi indietro, ampliandosi le diseguaglianze non tanto nell’accesso al mercato quanto nelle possibilità di carriera e nel raggiungimento di un adeguato livello retributivo.
    Le donne sono pagate meno per fare lo stesso lavoro svolto dagli uomini, a tutti i livelli professionali, anzi, più la qualifica professionale è alta, più il divario si allarga. Si chiama divario retributivo di genere, o “gender pay gap”, i cui miglioramenti negli ultimi dieci anni sono solo marginali anche se le donne laureate in Italia sono il 53% contro il 47% degli uomini.
    Cosa dire poi se la donna ha anche una famiglia?
    Ne è l’esempio la totale assenza di dibattito in questo momento in cui si discute di quando e come tornare al lavoro dopo il lockdown per il Covid-19. Se le scuole resteranno chiuse fino a settembre, se i centri estivi non apriranno, se non si possono lasciare i figli dai nonni e se sono state già consumante le ferie estive, saranno sempre le donne a dover sacrificare il loro lavoro per agevolare la ripresa lavorativa dell’uomo?
    C’è molto da fare anche in tema di conciliazione lavoro e famiglia affinché la partecipazione delle donne all’organizzazione economica sia veramente rappresentativa di una conquista di libertà.

     Manuela Morgante

     

     

    Lorenza  Panei

     
     Le donne si fecero carico di aspetti cruciali di logistica, organizzazione e comunicazione
     
    Come ogni 25 aprile, abbiamo l’obbligo di ricordare una parte di Resistenza oscurata per troppo tempo, onorando la memoria di tutte quelle donne che ne furono protagoniste senza ottenere gli adeguati riconoscimenti da parte della nostra storia, sempre troppo declinata al maschile. La partecipazione femminile fu fondamentale per la lotta di Liberazione, le donne si fecero carico di aspetti cruciali di logistica, organizzazione e comunicazione. La Resistenza, quindi, in Italia rappresentò una vera e propria rivoluzione sociale delle donne, riconosciute finalmente come cittadine e protagoniste, come portatrici di diritti civili e politici.
    Si presero spazi nella vita pubblica e sociale, assunsero un nuovo ruolo nella vita economica e lavorativa della società. Nonostante ciò, dopo la Liberazione tanti uomini e compagni di lotta tentarono di nuovo di rinchiudere le donne dentro le gabbie delle proprie case.  Proprio per questa Resistenza taciuta, per questo buio storico (che lentamente sta ritrovando la propria luce e importanza) vogliamo ricordare tutte quelle donne antifasciste che hanno combattuto coraggiosamente credendo fortemente nel valore imprescindibile di ogni libertà. L’abbiamo visto nell’Assemblea Costituente dove le donne, tutte, portatrici di culture diverse, hanno espresso ed affermato un punto di vista innovativo, lungimirante. Di qui le basi per costruire in Italia un futuro di progresso e civiltà. Per la ricostruzione le donne furono indispensabili. Oggi siamo ancora qui. E non si tratta solo di riconoscimento di diritti in sé e di giusto equilibrio fra i generi nei carichi sociali e produttivi con pari opportunità di autodeterminazione nella formazione, nel lavoro, nella famiglia, nelle scelte di vita. Si tratta di riconoscere e assumere la visione delle donne come una risorsa fondamentale per la realizzazione di condizioni di benessere per tutti e per la soluzione dei grandi problemi della contemporaneità. Dobbiamo ricordare che le donne svolgono un ruolo attivo di importanza cruciale per la promozione della stabilità e della pace.La loro partecipazione non solo è cruciale nella sfera più tradizionale delle misure di sicurezza dirette - l'intervento armato, le misure antiterrorismo, l'impegno di peace building e di ricostruzione dopo i conflitti - ma anche per far fronte ad altri tipi di minacce meno eclatanti per la sicurezza umana quali le epidemie globali, i traumi psicologici nelle fasi post-belliche e i rischi crescenti del cambiamento climatico e del degrado ambientale
    La partecipazione delle donne alla Resistenza è stata dunque fondamentale per la conquista dei nostri diritti civili, sociali e politici. È conferma che il cammino delle donne italiane verso la conquista di piena cittadinanza, che vede oggi tante donne ricoprire cariche di responsabilità nel governo, nel parlamento, nelle Regioni e negli enti locali, e svolgere ruoli importanti nella vita culturale, economica e produttiva, ha le radici nella loro partecipazione alla Resistenza.
    Ma non sempre noi, donne di oggi, sappiamo quanto sia stato lungo e difficile questo  percorso.
     
     
     

    Mirka Liberale

     

     
    Devo premettere che il mio nome vero è Asmerinda.
     
    Durante la seconda guerra mondiale e l’occupazione nazista, avrò avuto 14-15 anni, nel corso, nel corso di una passeggiata con alcuni amici e amiche nella montagna vicino a Raiano, ci imbattemmo in un gruppo di 4 o 5 soldati alleati che, fuggiti da un campo di prigionia tedesco, avevano trovato rifugio in una grotta, in attesa di poter passare le linee. Erano canadesi e australiani, non conoscevano una parola di italiano né noi sapevamo l'inglese. A gesti ci spiegarono la loro situazione e noi promettemmo di aiutarli portando loro qualcosa da mangiare. Durante il primo incontro, naturalmente chiedemmo i loro nomi ed eravamo ansiosi di dire i nostri. Ci bloccarono subito facendoci capire, a gesti e mezze parole, che se i tedeschi li avessero catturati li avrebbero costretti a rivelare i nostri nomi e per noi sarebbero stati guai molto seri. Allora ci ribattezzarono con nomi, diciamo così, di battaglia. A me assegnarono quello di Mirka.
    Nel periodo seguente, ogni 4-5 giorni, con tutte le cautele del caso perché era molto pericoloso, li rifornimmo di quel poco cibo che potevamo recuperare in casa fino a quando i fascisti del paese cominciarono a sospettare qualcosa e avvertirono i tedeschi. Mio padre, l'unico oltre a noi ragazzi, a conoscere il segreto e che sapeva un po’ di inglese essendo stato emigrato in America, ogni tanto si recava presso la grotta per fare la barba o i capelli ai soldati. A quel punto si affrettò a procurare i contatti necessari per organizzare la loro fuga oltre le linee. In seguito mio padre e mio fratello furono arrestati dai tedeschi e pensai che forse era stato a causa mia, anche se poi i fatti smentirono questa mia ipotesi. Questa vicenda rimase archiviata nella mia memoria insieme ai tanti altri episodi di quel tempo di guerra. Lì rimase per un po’ anche dopo aver conosciuto Romolo finchè più o meno nella primavera del'48, ebbi l’occasione di rievocarla con lui. lI mio nome di battaglia gli piacque molto e subito lo adottò: da quel momento le poesie che lui aveva dedicato ad Asmerinda cambiarono dedicataria.

     

    Mirka Liberale

    Invio mio contributo per il 25 aprile.
    Saluti a tutti e buon 25 aprile
    Paolo Capodacqua

    sarà disponibile alla mezzanotte del 24 Aprile
    https://www.youtube.com/watch?v=_w-xZaalNHQ
    PS: "Paolo capodacqua e il poeta Gianni D'Elia hanno condiviso per anni, insieme a Claudio Lolli, il Reading poetico-musicale "La via del mare", pubblicato anche in CD dal quotidiano L'Unità"

     

     

    Ode ai 33 di Capistrello di Romolo Liberale 

     https://www.youtube.com/watch?v=WMQkB613SAA&fbclid=IwAR0-J1mdhe7FD8Vu1Q4XMgw-EXYRqf0mx0q1pVGQBvemdn9o44CCsA3CrmQ#t=17

     


    Bella ciao "Fino al cuore della rivolta" 25 aprile 2020

     

     

    BELLA CIAO

    https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=722

     

     

    1a. La cosiddetta "Bella ciao delle Mondine" (Il canto delle mondine / Giovanna Daffini)

    https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=722#agg4516


    LA STORIA

    https://www.studenti.it/bella-ciao-significato-testo-spiegazione.html


    https://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/spettacoli_e_cultura/ballata-bella/ballata-bella/ballata-bella.htm


    http://lanostrastoria.corriere.it/2018/07/10/la-vera-storia-di-bella-ciao-che-non-venne-mai-cantata-nella-resistenza/

     

     

     

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    • 25/04/2020 | 12:00

      Antonio ha scritto:

      Un fiume di parole scritte da donne che hanno dedicato la loro vita alla politica e altre scrittrice di fama Nazionale e Internazionali . Io l'ho vissuto quel giorno del 25 aprile e faccio omaggio a tutte le donne che lo esaltarono allora con la loro vita e con quel male fisico e morale costrette a sopportare - causa quell'immane conflitto - e i vinvitori le consideravano loro prede di guerra . . .La violenza sulla donna continua a tutte le età . I loro diritti sono stati sempre dagli uomi calpestati . Considerate un tempo - frivole e leggere qual piume al vento, mute d'accento e di pensiero . . .Malgrado la loro intelligenza e superiotità anche intellettuale, indegne di esprimere il loro voto per le pubbliche amministrazioni .. Hanno cercato sempre di difendere i loro diritti sanciti dalla Costituzione - poco conosciuta e poco seguita . Donne - Premio Nobel - Madame Curie - Grazia Deledda - . . .