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  • La riduzione della CIGS e il quinquennio mobile? riflessione del Dott.Mario Casale

    08/09/2015

    Il Ministro del lavoro Giuliano Poletti

     Il decreto attuativo sulla cosiddetta riforma degli ammortizzatori sociali mantiene i limiti presenti nel testo di legge, ossia la riduzione della cigs a 2 anni, o a 3 anni se si fa ricorso al contratto di solidarietà, con la specifica velenosa del “quinquennio mobile”.

    Insomma se negli ultimi 3 anni l'azienda ha fatto ricorso interamente al contratto di solidarietà  nel 2016 non avrà diritto ad utilizzare uno strumento essenziale ed efficace per superare una forte difficoltà e sarà costretta ad avviare la procedura di licenziamento.

    In precedenza il “quinquennio” era fisso (2000, 2005, 2010, 2015...) e l'azienda poteva organizzarsi al meglio secondo le esigenze produttive; ora si taglia decisamente e di fatto si riduce la possibilità di fare ricorso agli ammortizzatori sociali tradizionali, senza che vi siano alternative.

    Francamente non basta affermare che viene estesa la platea dei soggetti ai quali si può applicare la nuova legge, ovvero alle aziende che hanno un numero di dipendenti inferiore a 15; è un criterio sbagliato alla radice perché la estensione di un diritto importante viene applicato riducendo gli spazi ad altri soggetti, che ora rischiano seriamente di essere licenziati. Si attua una controriforma a spese di altri lavoratori, utilizzando il vantaggio che se ne ricava a favore di altri lavoratori. Insomma sono sempre i lavoratori (e in questo caso anche le aziende) a pagare.

    Il criterio corretto avrebbe dovuto essere quello di estendere gli ammortizzatori sociali a tutte le aziende, al di là del numero dei dipendenti, magari con la necessaria gradualità.

    Peraltro i piccoli segni di ripresa economica, che pure ci sono, sbattono contro una riforma del mercato del lavoro a senso unico, dove pesanti sono le riduzioni dei diritti dei lavoratori e, in questo caso, di tutti i lavoratori, ma sono pesanti anche le ricadute economiche sulle imprese. Queste ultime sembrano più interessate alla caduta di tabù come l'art. 18, che alla effettiva possibilità di investire, di lavorare e di innovare per aumentare una competitività oggi possibile, essenzialmente per il forte abbassamento del prezzo del petrolio e per la riduzione del valore dell'euro rispetto al dollaro (da 1,3 a 1,1).

    In questo quadro la cosiddetta riforma degli ammortizzatori sociali appare poca cosa,e la sua incisività è nulla. E' sempre così quando si vogliono fare le riforme a costo zero. Ma che riforme sono se sono a costo zero per lo Stato?  Per cui a chiacchiere si parla di crescita, ma nei fatti continua una  riduzione della spesa a senso unico, senza scalfire minimamente il grande patrimonio e senza immaginare minimamente una redistribuzione equa delle risorse e delle ricchezze enormi nelle mani di pochi.

    Comunque oggi mi accontenterei di poco: modificare il decreto attuativo sugli ammortizzatori sociali, tornando a prevedere il quinquennio fisso, anziché mobile, con la estensione graduale del contratto di solidarietà a tutti i dipendenti, e magari abolendo del tutto la cigs.

    Naturalmente sono consapevole di parlare al vento.

    Settembre 2015

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